Il senso e la storia del mio costruire chitarre

Nella pagina FB dell’ European guitar builders association ci sono state di recente diverse discussioni interessanti sulla definizione di quello che facciamo, della definizione di “costruito a mano”.

Ecco alcuni estratti dei miei contributi.

“Posso affermare che anche chitarre costruite in serie – in fabbriche cinesi – sono spesso costruite “a mano” . La differenza sta nel fatto che il lavoratore cinese compie solo una piccola frazione del lavoro e non ha nessuna idea del lavoro completo. È come paragonare uno chef con uno che pela patate. Noi siamo chef: significa che dobbiamo sapere come si fa a pelare le patate (e tutti gli altri ingredienti) ma abbiamo sempre in mente il progetto globale e organizziamo l’intero lavoro per ottenere un risultato preciso. Per questo è importante specificare che gli strumenti sono completamente progettati e realizzati del costruttore”.

Costruiamo strumenti che difficilmente vengono fatti in serie, ognuno è un pezzo singolo, con le sue caratteristiche, suono e look. Questa è la vera differenza con l’industria.“

“Costruiamo strumenti, e il loro primo scopo è fare musica. Ma sono anche oggetti: qualche cliente può cercare un pezzo d’arte, qualche altro potrebbe cercare uno strumento consumato e maltrattato (almeno in apparenza), o un pezzo di legno antico.
Qualche strumento è venduto per il legno di cui è fatto, però non siamo venditori di legno. Qualche strumento è venduto per il colore dei pickup o delle manopole ( i musicisti sono feticisti). Qualche strumento è venduto per il suo suono, e avanti così, per molti altri motivi.

La complessità dell’ergonomia, le caratteristiche sonore e la bellezza estetica offrono al costruttore una sfida per creare un “sacro graal” , bilanciato in tutti gli elementi. A volte proviamo solo a creare qualcosa che sia apprezzato e venduto. Il lato business ci forza a tenere dei prezzi relativamente alti , per i motivi che conosciamo. Molte volte strumenti costosi non raggiungono quelle persone che potrebbero avere il beneficio di tutte le loro qualità. Mi è successo di vendere strumenti che poi sarebbero stati conservati in bunker resistenti al calore dell’incendio della casa. A volte i musicisti non possono permettersi strumenti costosi, e i migliori musicisti (farei meglio a dire quelli più in vista) possono ricevere gratuitamente i loro strumenti dalle industrie. Pochi musicisti (molto preziosi per me) ci spingono a sperimentare e applicare tutte le nostre conoscenze per creare qualcosa che vada oltre ciò che è già stato fatto. Anni fa assegnavo un premio (una marmellata che preparavo per l’occasione) ai clienti che nell’anno precedente avevano ordinato qualcosa che non avevo mai fatto o mi avevano spinto oltre. Per concludere… lavoriamo per costruire qualcosa di sexy e desiderabile per persone facoltose che possono permettersi i nostri capolavori, o costruiamo strumenti musicali per creare musica?”

Riflettendoci, prendendomi il tempo per cercare una prospettiva distaccata, sono riuscito a vedere con più chiarezza quello che sto facendo. Non ho mai lavorato coscientemente per creare il migliore strumento in assoluto, il più costoso, il capolavoro lussuoso, il pezzo d’arte da vendere come arte.

Tutte le volte ho solo cercato di costruire uno strumento musicale per chi suona.

In questi tempi, dove gli strumenti sono acquistati con gli occhi, ho provato a fare del mio meglio per costruire strumenti belli, ma la mia attenzione è sempre andata allo strumento visto come utensile per il musicista. Deve essere suonabile, suonare bene ed essere bello. Ma sempre dalla prospettiva di chi lo suona.

E dovrebbe essere accessibile.

Forse dico questo a causa della situazione italiana. Alcune storie che ho letto nel libro “Guitar Makers”  non possono accadere in Italia.

I costruttori di chitarre qui da noi non sono delle star, perché viviamo in un mondo diverso. Non sono entrato a far parte di un pezzo di storia ufficiale del “guitar building” perché non mi potevo permettere di esporre al Guitar show di Montreal, anche se sono stato invitato due volte.

Ho sempre dovuto fare i conti con la mia realtà e proseguire mantenendo una visione coerente, comportandomi bene in un mercato difficile.

Se parliamo di modello di business, non c’è nessun modello di business. C’è solo l’intuizione per riuscire a continuare a fare il lavoro che amo.

Fra un mese, dopo 28 anni di lavoro, finirò di pagare tutti i miei debiti. Sono riuscito a superare anche il furto di 12 strumenti, come migliaia di sfide.

Il futuro è più luminoso che mai.

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